Nel 2013, quando ero giovane e muscoloso1 e lavoravo a Studio, scrissi “Dittatura, LOL”, un saggetto sull’effetto comico di regimi atroci quali quello nordcoreano, con il suo piccolo Hitler paffuto e goffo. E mi chiedevo:
Questo giovane Kim Jong-un è il dittatore sanguinario di un Paese in cui i diritti umani sono completamente assenti. Ciò nonostante ridiamo di lui. Soprattutto su internet è un proliferare di battute, video buffi e meme che scherzano sulle fattezze del giovane e di suo padre. Perché? Quali sono i meccanismi che ci fanno ridere di persone così atroci?
La risposta che trovai mi portò a un film del 2004 realizzato dai creatori di South Park, Team America: World Police, perlatro molto spassoso:
Secondo Cole Stryker, esperto di cultura digitale autore di Epic Win for Anonymous (2011), invece, tutto è cominciato con Team America: in un certo senso, ha detto a Studio (…) ad aiutare è anche «la debolezza che trasudano questi dittatori, assieme all’assenza di informazioni (soprattutto audio-video) sugli abusi dei diritti umani».
All’epoca, però, non c’erano i meme. Ok, c’erano la troll face e i vari FUUUUU, ma erano primitive incisioni cuneiformi al confronto con gli strati di layer riscontrabili in qualunque paginetta memarola su Instagram. Così, oggi, ci troviamo a ridere di altri mostri, i Talebani, le cui atrocità sono arcinote. La loro riconquista dell’Afghanistan, per esempio, ha regalato alcuni momenti morbosamente lollosini: i talebani in palestra, i talebani che fanno il bagnetto, i tablebani che guardano Pio e Amedeo2.
Questa cosa è un problema, per due motivi politici, senza contare quelli morali. Il primo è che questi LOL fanno bene ai Talebani stessi, soprattutto alla loro campagna per sembrare più “moderati”. Cosa deve fare un mostro per sembrare meno spaventoso? Comportarsi da persona normale. Essere goffo. Ostentare falsa autoironia.
Un esempio di meme talebano.
Il secondo punto tesse invece due forme d’estremismo sempre più vicine tra di loro: l’estrema destra statunitense e i talebani. Ne ha parlato recentemente The Daily Beast, tra i migliori quotidiani a coprire l’eversione fascistoide negli USA, raccontando di Malang Khostay, talebano che su Twitter ha trovato molti ammiratori tra i fasci americani e non solo, sostenendo posizioni a loro piuttosto care (donne zitte, diritti umani a zero, omosessualità non parliamone).
Da una parte, la banalità del male; dall’altra una sottile forma di propaganda atta ad agevolare il rebranding di un gruppo terroristico. In mezzo, lo scrolling infinito che ci fa inciampare – ingenuamente, senza malizia né cattiverie – in trappole semantiche simili.
Sempre in quel pezzo su Studio, Stryker sosteneva che se vedessimo le atrocità che questi mostri commettono “riderne sarebbe più difficile”.
LOL, nope.
Citation needed.
Uno di questi esempi è falso.