Ed eccoci alla seconda puntata di Interrogatorio, la rubrica per abbonati in cui intervisto gente che mi incuriosisce. L’ospite di oggi è Daniele Zinni, social media manager per Dieci04, la stessa agenzia creativa che insieme alla redazione digitale di Treccani cura i canali social dell'Istituto (e i suoi meme), pe capisse. Quanto a Zinni, lo potete trovare anche nel suo Instagram.
Ma chi è Daniele Zinni? E cosa vuole da noi? Ho deciso di chiederglielo. In grassetto le domande, in normale le risposte. A intervallare il tutto, alcuni memoli.
Comincerei dalle basi, visto che non ci conosciamo. Si identifichi.
Mi chiamo Daniele Zinni, ho 34 anni, e sono molto contento di essere qui: colgo l’occasione per salutare gli amici e le amiche del baretto. Dal 2018 collaboro come social media manager e copywriter con l'agenzia dieci04 (che lavora con Treccani, Einaudi, Utet, Salone del Libro, Scuola Holden e altri). Parte del mio lavoro – a volte la parte più impegnativa e complessa – è fare meme.
Il mio percorso di studi e lavori precedenti non è stato linearissimo: liceo classico, laurea in economia per le arti, lavori vari come redattore, conduttore radiofonico, giornalista, traduttore, poi ho fatto una scuola di giornalismo, e ora appunto mi sono dato alla comunicazione social.
Pensi che quella del "memer" sarà una qualifica sempre più ricercata o verrà in qualche modo “inglobata” dai social media manager?
Non credo diventerà un mestiere in grado di garantire da solo uno stipendio decente, quello del memer. Forse un giorno pochissimi autori molto riconoscibili potranno lavorare per testate di attualità molto particolari, come se fossero i vignettisti del XXI secolo. Non in Italia, però: qua i giornali a malapena pagano i giornalisti, quindi figurati se pagheranno i memer, dei cui meme fra l’altro già si appropriano abitualmente gratis per articoli del format “l’ironia del web”.
Se la tendenza resterà quella attuale e le piattaforme social non cambieranno radicalmente, sarà sempre più comune per i social media manager saper fare meme, e per le aziende o i politici accettare che la propria comunicazione passi anche attraverso meme. Spero che all’inflazione dei meme non segua la noia ma la voglia di usarli in modo nuovo, più elaborato e interessante.
Cosa ti ha spinto a cominciare a fabbricare meme? Ti ricordi come hai iniziato?
Direi che ho iniziato a fare meme con più consapevolezza nel 2017, dopo aver letto La guerra dei meme (Effequ) di Alessandro Lolli: lì ho trovato dei punti di riferimento per esplorare dinamiche e categorie delle sottoculture digitali in cui i meme circolano di più. Nei tre anni precedenti avevo fatto meme e fotomontaggi per emulazione entusiasta dei post di Alessandro Longo, che a un certo punto aveva anche aperto la pagina Facebook Bispensiero. Come linguaggio, i meme mi appassionano per la dinamica di combinazione e ricombinazione di elementi distanti che fa da propulsore, e per il tentativo continuo di stupire lo spettatore.
Negli ultimi anni sono tornati di moda le Nike Silver, per qualche misterioso motivo. Pensi succederà anche con i meme del 2012, quelli tipo “le mom, le dad” e “FUUUUU”?
Ho una buona notizia: sono già tornati di moda! Nell’ultimo anno si sono visti sempre più spesso personaggi o stilemi tratti dai Rage Comics ricomparire in contesti memetici più “contemporanei”; penso a meme come Cover Yourself in Oil, Heaven Stairway Incident o I Hate the Antichrist. A me piace molto l’idea che, passata una moda, lasci un sedimento che a un certo punto si potrà recuperare come “classico”: Doge il cane, Pepe la rana, alcune varianti di Wojak o del Chad, hanno mostrato di poter scomparire per un po’ e poi tornare sulla scena più forti, carichi di un valore più profondo della sola promessa di una risata. A me sembra di vederli portare addosso le cicatrici e le rughe delle esperienze passate.
Il punto sul vecchio adagio “The left can’t meme”, secondo cui i meme sarebbero poco affini alla sinistra. Io non l’ho mai capito, tu sei d’accordo o pensi sia un mito?
Le moltissime pagine di meme di sinistra, italiane e internazionali, contraddicono con i fatti quell’affermazione senza che ormai ci sia bisogno di smentirla dal punto di vista teorico. Resta inevitabile che alle persone di destra non piacciano i meme di sinistra e viceversa, salvo rari casi; spesso perché i meme politici semplificano o esagerano le posizioni degli avversari a fini comici. Chi verrà preso in giro dirà “ma quella non è la mia posizione, questo meme è penoso”, e si convincerà che l’altro non sa fare i meme.
Qual è lo stato della scena italiana dei meme?
Su Facebook direi che il movimento memetico italiano è molto legato ad alcuni gruppi, da cui poi le tendenze prendono piede anche nel circuito generale. In particolare, a chi cerca stimoli per riflettere sui meme come linguaggio, oltre che per ridere, consiglio di iscriversi a Cittadini d’Abruzzo, gruppo in cui sono anche molti e molte che hanno proprie pagine di meme, e Rui/A/yanami, a tema calcio.
È una scena relativamente piccola, quella dei memer che puntano a fare meme belli o interessanti piuttosto che vagonate di like per poi vendere del merchandising, però è quella che conosco meglio e a cui tengo di più, quindi ti parlo di quella. Su Instagram seguo principalmente memer stranieri, o perlomeno l’algoritmo mi mostra quelli, ma ho comunque l’impressione che i memer italiani siano meno radicati.
Ma forse la tua domanda si riferiva alla scena memetico-politica di sinistra in Italia. In quel caso, la lista delle pagine che la compongono sarebbe molto lunga, che è già un pezzo della risposta, e alcune delle pagine non riconoscerebbero alcune delle altre come “di sinistra”, che è un classico. Anche in questa galassia ci sono dei gruppi di riferimento, con ruoli diversi in relazione alle pagine: il gruppo di Hipster Democratici, per esempio, è quello che effettivamente rifornisce di meme la pagina omonima, mentre il Sinistralibro o Odio Di Classe sono spazi di discussione che i memer di sinistra frequentano e da cui traggono spunto, ma in cui l’utenza non produce meme con l’obiettivo di essere pubblicata.
Non poteva mandare la domanda-da-intervista: meme preferito? E perché?
Domanda difficile. Devo confessare un debole per un meme che ormai fa alzare gli occhi al cielo a molti, dopo essere stato rigirato per anni in tutte le salse, e cioè Loss: su di me esercita fascino perché è un webcomic muto su un aborto spontaneo, non proprio un tema leggero, ma all’epoca della pubblicazione fu ritenuto così sciatto da diventare lo zimbello di mezzo internet, e a forza di essere memato divenne uno dei format più astratti di sempre. In sé quel brutto fumetto porta un bagaglio di nascita e di morte, di attese deluse, di ridicolo, insomma tutto un grumo di cose che mi piace esplorare. Spero che Loss smetta di essere considerato “meme morto”, cioè fuori moda, e diventi presto “classico”, come dicevo prima.
Il famigerato “Loss” di Ctrl+Alt+Del.
Infine, consigli di contenuti: quali pagine consigli in fatto di meme?
Ai gruppi italiani che ho indicato prima ne aggiungo un paio internazionali: /tpmg/, che è un gruppo di analisi e ricerca sui meme, e Caricature Containment Chamber. Ultimamente mi affascinano molto su instagram account come @policiadeturing, @v_e_n_e_r_e_a_l_d_i_s_n_e_y_s, @eternalclassic. Guardando tra gli account seguiti da queste se ne trovano molti altri prolificissimi e mattissimi.
Ottimo. Grazie Daniele. Ora puoi andare.
Ed è tutto. Per non perdervi la prossima puntata di Interrogatorio, e tutte le altre uscite e rubriche esclusive, il consiglio è di abbonarsi. Saluti.