Ciao,
sul Foglio di oggi trovate un mio articolo (💅) su un’interessante mossa dell’Atlantic nel campo delle newsletter. La rivista ha lanciato nove newsletter tematiche riservate ai suoi abbonati, arricchendo così la sua offerta. A interessarmi è stata l’inclusione di Charlie Warzel, un giornalista che lo scorso aprile lasciò il New York Times per lanciare “Galaxy Brain”, una newsletter a pagamento su Substack. "Che ci fa lui sotto padrone?”, ci siamo chiesti in molti; Substack non gli piace più?
Warzel ha spiegato la sua decisione in un interessante post d’addio alla piattaforma, di cui mi hanno colpito un paio di punti, perché dopotutto anch’io ho una newsletter su questo sito e anch’io ho degli abbonati sostenitori. Vediamoli.
1) Questa benedetta creator economy non è l’utopia che sembra. Bello “mettersi in proprio”, eh, ma farlo con il giornalismo è complicato. Come scrive anche Warzel spiegando il suo addio, “non sono né una rivista di settore né una nicchia ben precisa”, e questo complica le cose, rende difficile posizionarsi e chiedere dei soldi. Un bel problema se Substack diventa l’unica (o la principale) fonte di reddito.
È un fenomeno che ho avvertito anch’io, nel mio minuscolo. Non ho mai voluto monetizzare LMB: un po’ perché è una cosa orgogliosamente senza forma – e come la monetizzi? –, un po’ perché mi sembra, come dire, pura. Cosa dovrei fare, mettere un paywall ai link? MAI. Il formato che ho scelto è quindi particolare e poco capitalista: ogni settimana vi mando dei link; vi piacciono tanto-tanto? Potete darmi 35 euro, sostenere l’impresa e ricevere in cambio dei contenuti in più. Si crea così un club ristretto, forse, ma molto bello, come da titolo. Grazie ancora.
2) E chi non è di nicchia o di settore, come fa? Ricorre a dei “mezzucci”, quali seminare zizzania su Twitter, inseguire il flame del giorno e proporre letture e analisi sempre più di parte, estreme, aggressive. È un’arena in cui il pubblico va aizzato, nella speranza che qualcuno ti getti delle monetine. C’è chi, negli USA, ci fa i milioni così (Glenn Greenwald); non fa per me.
Insomma, sorpresona, Substack non è la cuccagna definitiva né “il futuro del giornalismo”. Anzi, in molti casi finisce per portare a galla quanto di peggio c’è in questa professione (e ce n’è). Quanto a LMB, questa cosina riesce a rimanere fuori luogo ovunque e in qualsiasi momento, anche in una piattaforma che sembrava essere fatta apposta per lei. Quando si dice la coerenza.
Questo è un post che ho mandato alle sostenitrici di Link Molto Belli, ovvero a chi ha cliccato un link come questo e ha deciso di sostenere questa newsletter e tutto quello che c’è attorno. Grazie!
Continua così!