Non c’è nulla di più malinconico di un pericolo scampato.
Nelle ultime settimane si è parlato molto del Millennium Bug, o Y2K, un’emergenza globale che sembra venire da una realtà parallela e anomala. I suoi ricordi sono lontani e sbiaditi; i suoi rischi, limitati. Oggi il Millennium Bug viene spesso citato per il LOL, o usato come riferimento a una crisi lontana e, verrebbe da dire, un tantino ridicola. I jeans della Diesel, il mondo prima dell’Undici settembre, i telefoni Nokia. Facile, insomma. Ma ancora di più: troppo strano per essere successo davvero. Se il passato è una terra straniera, l’ultimo anno del Novecento è una remota contea in cui tutti si vestono come scemi e hanno paura dei computer.
Oggi, con YouTube e Facebook, le teorie cospiratorie sarebbero grandi quando Giove. (Foto da questo speciale del NYT).
Ha ragione Katherine Miller. Gli ultimi dieci anni hanno visto lo sgretolamento del nostro senso del tempo, e sono stati i social media a dargli il colpo di grazia. Le crepe sono però apparse prima, forse erano già presenti a cavallo tra i due secoli. Anche per questo il Y2Q sembra ambientato in un altro universo: l’idea che i computer possano andare in tilt ci appare oggi talmente spaventosa da risultare impossibile. Erano tempi diversi e l’informatica aveva un sapore diverso: un errore di programmazione fatto qualche decennio prima poteva davvero piegare i computer di mezzo mondo. Oggi, invece, dire che i computer potrebbero andare in tilt è come dire l’asfalto potrebbero ribellarsi. A che cosa? E perché? Non ha forse già vinto?
I pochi film che sono stati fatti sull’argomento dimostrano la fredda lontananza che sentiamo nei confronti di questo momento storico. Ci sono due film che hanno Y2K come titolo: entrambi sono usciti nel 1999, ovvero prima del Grande Evento Distruttore (c’è poi The Millennium Bug, uscito nel 2011 e vincitore di due premi Oscar*); entrambi hanno locandine così “Y2K” da risultare alieni. Ed entrambi fanno ridere, se visti oggi: non solo perché non sono pellicole riuscite ma perché il pericolo di cui parlano è sbiadito e poco sexy. Non ci sono stati eroi del Millennium Bug: il problema è stato risolto da migliaia di tecnici in tutto il mondo (da notare la collaborazione tra USA e Russia, ad esempio) nel corso di mesi, se non anni. Non è roba da film, non è roba da epica.
“Come ci si prepara all’impossibile?” Locandina di Y2K (1999).
E se non c’è nulla di più triste di un pericolo scampato, figuriamoci allora di un pericolo scampato grazie allo sforzo comune di migliaia di tecnici. Urgh. No grazie. Un ingegnere di Piacenza che sistema centraline dell’Enel mentre un suo collega in Michigan fa lo stesso sul sistema di qualche aeroporto? E mentre entrambi sono vestiti di jeans e usano computer grossi come clavicembali?
Tutto questo mi fa tornare in mente uno sketch di Last Week Tonight, l’ottimo programma di John Oliver. Un servizio di qualche anno fa sullo stato delle infrastrutture negli USA si concludeva con un finto trailer di un film d’azione, in cui gli ingegneri che controllano ponti e strade venivano raccontati con toni… epici.
Infine, a rendere Y2K una storia così fredda sono anche I Cazzi Nostri. Il 2020 ci riserva emergenze quotidiane e pericoli enormi, impalpabili. L’Australia ha preso fuoco, i ghiacci si sciolgono, il fascismo è globale. Forse è proprio a questo che serve il Millennium Bug: a ricordarci di quando la fine del mondo era evitabile. So cute.
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(*Scherzavo.)
Questa è la prima edizione di Meraviglie del 2020. Meraviglie è quella cosina in più riservata agli abbonati di Link Molto Belli (quelli che pagano insomma). Se vi interessa, costa il giusto. A presto.