Bill Gates, Kim Kardashian, Elon Musk. Mark Zuckerberg, Kanye West, Donald Trump.
Sono tutti personaggi famosi e ricchi. E tutti hanno un accanito esercito di tifosi online, pronti a elogiarli e difenderli dagli attacchi dei nemici. Provate a sparlare di Gates o Musk su Twitter, e vi accorgerete che è come sfottere i BTS in una scuola media coreana. (Non sono mai stato in una scuola media coreana, NdA). Qualcuno vi dirà dell’invidioso o cercherà di farvi cambiare idea; altri vi minacceranno. Tutti vi sembreranno offesi e confusi dal vostro comportamento, in bilico tra 🤔 e 😤.
È un meccanismo tipico della fandom, il sottobosco dei fan e dei loro idoli, che dalla cultura pop è dilagata in quasi ogni settore. Politica, società, economia: l’approccio è lo stesso, gli effetti uguali. Manipoli di fan agguerriti si radunano, celebrano e difendono il loro idolo, scontrandosi con gli inevitabili gruppi nemici.
Per capire appieno la fandom è pero necessario parla di stan: con stan si intende un tipo di fan particolarmente ossessionato dalla sua stella. Nata dalla crasi tra stalker e fan, la parola ha fatto da titolo di una hit di Eminem feat. Dido, che pubblichiamo di seguito per rendere questa mail assurda agli occhi di chi la sta scrollando velocemente, e ha finito per identificare un particolare utente internet prima ancora che una persona.
Lo stan nasce dalla passione viscerale per il mondo dello spettacolo (musica, tv, cinema), i cui idoli vengono discussi ossessivamente online: nato secondo alcuni tra le pagine del LiveJournal Oh No They Didn’t, il fenomeno ha poi trovato casa su Tumblr e, in particolare, su Twitter, diventato presto il medium ufficiale dello stanning: lo “Stan Twitter”, dove si combattono le “Stan Wars”, come quelle tra fan di Beyoncé e fan di Rihanna. È qui che crescono ossessioni e si fanno alleanze.
Sarebbe però errato limitare il fenomeno (e quello delle fandom in generale) alla sola area demografica dei “giovanissimi” o delle “ragazzine”: come ha scritto Violetta Bellocchio su Link - Idee per la televisione, ci sono fandom che interessano perlopiù maschi dai trent’anni in su (Ghostbusters e Star Wars hanno una notevole storia recente di fan tossici) o casi come le “Twilight Moms”, donne adulte che a inizio millennio divoravano i libri di Stephenie Meyer e i film che hanno ispirato. (Allo stesso modo – ma qui siamo all’azzardo – il tassista romano che parla solo di Totti e daa Roma non si dà forse allo stanning inconscio e ante litteram? Questo potrebbe cambiare per sempre la mia visione dei tassisti romani).
“Il nuovo normale sono i fan adulti, uomini e donne”, conclude Bellocchio. Non solo: il nuovo normale è anche l’espansione della fandom a settori un tempo riservati alle grigie cronache giornalistiche. Oggi “We Stan” è una frase applicabile a politici, imprenditori e filosofi, oltre che comici, attori: Jeremy Corbyn, Slavoj Žižek e John Mulaney sono personaggi accomunati da fanbase dedite, abituate da anni a confezionare GIF e video con cui ornare altarini digitali.
Celebriamo musicisti e attori perché con la loro arte toccano qualche nervo nascosto, cambiandoci la vita. Ma perché farlo con i miliardari? E non parlo di artisti così famosi da essere diventati miliardari, come Jay-Z: parlo proprio di ricchi businessman alla Jeff Bezos. Proprio mentre le aspettative di vita si intiepidiscono e il futuro fa sempre più paura, ecco che l’invidia e la rabbia sociale vengono scavalcati da una forma di adulazione e venerazione che ci conduce a un feudalesimo del like and subscribe. Qui siamo oltre alla semplice rosicata: siamo alla condivisione di un’identità comune, che va difesa dagli attacchi esterni, secondo le ferree regole del tribalismo. Come scrive Jack Hamilton su Slate in riferimento a due stannati DOC (Jay-Z e Lizzo):
“la capacità delle star di indirizzare i propri fan addosso a qualcuno indicando semplicemente un articolo poco entusiasta su di loro – o, come in un caso recente, l’assenza di copertura mediatica – è una caratteristica distintiva degli anni Dieci”.
E ce la porteremo anche nei Venti, a mio avviso, diffusa su tutto lo spettro delle professioni, dall’imprenditoria startuppara alla politica. Previsioni per il prossimo decennio: aziende e miliardari saranno sempre più importanti per la definizione di sé, nell’ottica della trasformazione di TUTTO in brand.
Eat the rich? Solo se il ricco in questione è il nemico. Altrimenti, save the rich.
Ed eccoci giunti alla fine di questa edizione di Meraviglie, la versione oltraggiosa di Link Molto Belli. Noi ci rivedremo direttamente nel 2020, intanto regala o regalati un abbonamento. Salutoni!