Il sito che ha rovinato le GIF è stato comprato dal sito che ha rovinato il web. Potremmo aprire e chiudere il discorso citando Brian Feldman, e buonanotte, ma il fatto che Facebook abbia comprato Giphy, il motore di ricerca delle GIF, merita qualche parola in più.
Perché il social network ha sborsato 400 milioni di dollari per un’azienda che non fa soldi e ha un business model contorto. Perché è la quinta acquisizione di Facebook in termini economici. Perché 400 milioni di dollari è la stessa cifra per cui Apple nel 2007 comprò la NeXT e si riprese Steve Jobs (ma vabbè, l’inflazione…). Ma soprattutto perché… che cazzo se ne fa Facebook di Giphy? È come se la Morte Nera sborsasse centinaia di milioni di astrodollari per una gelateria: “Cosa vuole da quella gelateria?” ci chiederemmo tutti, sorpresi e terrorizzati.
Facebook.
Le GIF sono diventate uno dei mezzi d’espressione più diffusi sui social e le app di messaggistica. Veicolano emozioni in modo breve e conciso (le reaction GIF) e offrono l’illusione di un filmino muto per pochi megabyte. Ai bei tempi, erano file da connoisseur che venivano creati e condivisi su Tumblr e qualche forum, l’alfabeto di una sottocultura stramba e colta (digitalmente). Anche se oggi sembra impossibile, le GIF sono state divertenti. Oserei dire: cool.
Lo sapete come vanno queste cose: dopo la coolness, arriva l’interesse mainstream a cui segue la rovina della suddetta cosa e la migrazione degli early adopter verso un altro interesse: è la gentrificazione del World wide web. Ebbene, Giphy è un risultato di questo processo: una startuppina che ha raccolto una miriade di immagini (gratuite e fatte da altri), l’ha classificata e indicizzata, costruendo una piattaforma chiusa con regole inventate. E si sa, quando Facebook vede una piattaforma ergersi su un terreno un tempo libero e – santi numi – sregolato, spalanca i portafogli.
Questo processo succede dappertutto e in continuazione. È la chiusura di internet, la mutazione di una tecnologia aperta e libera data in appalto a cinque aziende. Pochi giorni dopo l’annuncio dell’affaire Giphy, ad esempio, Joe Rogan ha annunciato che da settembre il suo podcast The Joe Rogan Experience, tra i più ascoltati del mondo, diventerà un’esclusiva di Spotify. I podcast erano l’ultima oasi di feed RSS rimasta, un prodotto libero, in cui tutti gli episodi pubblicati avevano lo stesso peso. Un mondo senza algoritmi e piattaforme a chiudere, regolare, personalizzare esperienze.
Mark Zuckerberg.
Le cose sono cambiate lo scorso anno, quando Spotify ha mosso i primi passi nel settore, comprando studi come Gimlet Media e altri attori del settore. La Piattaformizzazione Di Tutto prosegue a vele spiegate e nemmeno le GIF, già ferite dopo essere diventate elementi di corredo per le Storie di Instagram, sono state risparmiate.
Insomma, ora sapete perché la Morte Nera si è comprata la gelateria: voleva controllare i gelati perché ha visto che ci rendono felici.
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