Durante questo lockdown ho avuto consumi culturali molto, mmm, sbagliati, deformi e insoliti. Me ne sono reso conto subito, a marzo, quando sentivo la voglia di leggere Un Buon Libro fredda e lontana: “È normale”, leggevo in giro, “quel genere di attività è legata a una routine che non c’è più”.
“Ah ecco vedi” dicevo io.
Mi sentivo comunque in colpa, guardando sconosciuti, colleghi e amici pubblicare stralci di libri o post come “tutto ciò mi fa tornare in mente quel passo del Manzoni” mentre io nisba. (E sì, lo so che condividere cose sui libri, proprio come comprarli, non vuol dire leggerli.)
C’ho comunque provato, con scarsi risultati: ho letto il libricino di Paolo Giordano sulla pandemia, ho iniziato l’ultimo di Maurizio Milani, da mesi dormo vicino a un Terry Pratchett iniziato ai primi di marzo e da allora rimasto illibato.
C’è una strana forma di vergogna che aleggia in tutto questo. Strano, perché il senso di colpa nei confronti della Fottuta Produttività l’ho affrontato sin da subito, anche con le attività inutili che ho condiviso in questa sede, mentre questo senso di colpa intellettualoide si è rivelato più resistente. Subdolo.
Che poi, a dire il vero, in questo periodo ho letto moltissime storie Disney, spendendo patrimoni in edicola per Topolino (questa settimana esce il nuovo Manuale delle giovani marmotte!!!) (a luglio ne faccio 33, sì, perché?), I Grandi Classici Disney, Paperinik, Zio Paperone e qualsiasi raccolta riuscissi ad accaparrare. Ho letto una storia assurda su Paperino che va al Giro d’Italia e comprato un’antologia di storie con Archimede Pitagorico, tra i miei personaggi preferiti.
Forse ho avuto solo bisogno di comfort. Comfort reading, potremmo dire, citando il comfort food, ovveri quei cibi semplici e/o grassi che ti coccolano e consolano nei momenti di crisi: l’equivalente narrativo di una morbida tuta da casa. La sola idea di aprire un libro per leggere frasi come “Egli annuì e guardò il tramonto”, “La strada scendeva tra le colline mentre Frank ansimava nei suoi scarponi malandati” e robe del genere mi triggera non so cosa. NO GRAZIE VECCHIO BUONA PASSEGGIATA.
Non vi ho detto tutto. Perché c’è un’esperienza narrativa che mi ha assorbito in queste settimane – e sto parlando ovviamente di Arkham Horror - Il Gioco di Carte.
La reazione del pubblico a quest’ultima frase.
Si tratta di un gioco di carte – precisamente un Living Card Game, ma ci arriviamo 🤓💅 – ispirato alle opere di Lovecraft, quindi ci sono mostri e orrore TOTALE. Non sono un fan del genere ma avevo già giocato a una versione vecchia di questa gioco (più boardgame che gioco di carte) e ne ero andato pazzo.
Dei giochi in scatola apprezzo il fatto che siano, appunto, delle scatole. Le scatole sono una figata: delle cose vuote riempite di merce varia che, una volta aperti e disposti secondo un set di regole incluso, creano un piccolo mondo. Quando ti stufi, rimetti tutto dentro e tutto torna a essere una scatola di cartone. È una cosa davvero strana.
Nel caso dei Living Card Game (o LCG), non ci sono tabelloni e dadi ma solo mazzi di carte: il mazzo del giocatore (che include le armi, le abilità, le inevitabili sfighe), quello degli “incontri” (con mostri e acciderboli vari) e quelli dei luoghi (in cui si svolge la storia). Ce ne sono poi altri due – quelli delle Trame e dei Capitoli – che servono a far progredire la storia.
Il gioco si organizza in campagne composte a loro volta da avventure brevi e collegate in cui ogni azione influenza la puntata successiva. In una di queste, tutta ambientata in un treno per la cittadina di Dunwich, i luoghi d’azione sono sei vagoni e la locomotiva: partendo dal fondo, si deve prendere il controllo del mezzo, prima che UNA COSA USCITA DAL CIELO risucchi tutto.
Sento di avervi perso.
Il gioco è una storia, e in quanto tale può essere giocato anche da un solo giocatore, anche perché non ho modo di invitare gente a casa e diciamo che la mia ragazza è molto scialla ma ha tracciato una linea sulla sabbia a “gioco di carte lovecraftiano”.
Un altro grosso consumo culturale di questi mesi? Qualsiasi roba con Antonino Cannavacciuolo 😍.
Ed è tutto. Avevo voglia di scrivere questa cosa e se siete arrivati fino a qui, meritate una ricompensa: eccola. Io sono Pietro Minto e questa è Meraviglie, la newsletter per gli abbonati e sostenitori di LMB che per via della pandemia mando a tutti. Non so ancora per quanto lo farò, quindi se vi va – e se potete – abbonatevi!
Grazie.