Ciao,
sono Pietro Minto e scrivo da Parigi, “quella in Francia”, dove sono stato chiamato a seguire TwitchCon, la convention europea di Twitch. Quella di oggi è un’edizione un po’ speciale, arriva in ritardo ma spero ne valga la pena. Alla fine c’è una manciata di links.
La cerimonia di inaugurazione di TwitchCon 2023.
PARIGI (dal nostro inviato) – Siamo alla “TwitchCon”, la convention europea di Twitch, una sfarzosa due giorni dedicata a una piattaforma che potreste anche non conoscere – ma provate a chiedere a fratellini, figli, nipotini, provate. Se hanno più di dieci anni, credo, si metteranno a strillare i nomi dei loro streamer preferiti. Perché un pezzo consistente della cultura giovanile contemporanea gira attorno a questo sito, Twitch.tv, dove la cultura del gaming e la nerd culture in generale si mescolano a tutto il resto, creando una miscela che non abbiamo ancora mappato completamente.
La venue è enorme, su tre piani; all’entrata ci sono postazioni con videogame arcade dove la gente può giocare ma soprattutto – e qui veniamo a Twitch – guardare giocare degli sconosciuti. Non su internet e non in livestreaming, sia chiaro, ma dal vivo, come in una versione labirintica delle mie amate sala giochi jesolane anni Novanta. Non sono ancora le dieci di mattina ed è già pieno di gente, gli over 35 sono pochissimi (eccomi!). Il rapporto maschi/femmine è paritario: nonostante le radici videoludiche, Twitch ha lavorato per ripulire la piattaforma dalle radiazioni cosmiche di fondo del Gamergate e dei tratti più estremi della nerd culture.
Qui c’erano gruppi di persone con i visori per la realtà virtuale che si sparavano tra di loro mentre l’ambiente virtuale in cui erano immersi veniva riprodotto su degli schermi (in alto a sinistra) e il tutto era commentato in tempo reale in francese da due streamer. Esperienza sensoriale: intensa.
Quanto alle persone, mi aspettavo una fauna nerdona, con tutto il rispetto, e quindi cosplayer in abbondanza ma anche maschi trentenni con la barba lunga, le magliette da Sheldon Cooper e un’avversione palpabile per l’universo femminile; e invece, stando a quanto ho visto, al nerd triste anni Novanta si è sostituito, almeno in parte, un pulviscolo di sottoculture che potremmo definire “post-nerd”. Ci sono appassionati di videogame, di anime e di manga; giovani coi capelli azzurri; qualche maschera e costume fantasy, arcobaleno, incomprensibile; singoli presi benissimo da una cosa sola, tipo Farming Simulator; ma anche, come dire, dei normie, gente che passa di qui con la speranza di vedere uno streamer di successo o provare un videogioco.
Per diversi anni il motto di YouTube è stato “Broadcast Yourself” (“Manda in onda te stesso”). Poi l’hanno cambiato, ora credo sia “Video!” o qualcosa del genere. Ma quello slogan sarebbe forse più associabile a Twitch, il sito che ha reso possibile a chiunque trasmettere la propria vita in streaming, creando dirette di lunghezza varia. Tutto è cominciato con i videogiochi, ovviamente. L’idea era assurda ma semplice: “Qualcuno è forse interessato a vedere dei perfetti sconosciuti giocare a GTA, Call of Duty o Minecraft, magari pagando?”. La risposta si è rivelata essere: “Certo che sì cazzo”. Tutti volevano e vogliono vedere gli sconosciuti fare cose: giocare, parlare, litigare, guardare altri video online (le reaction) e persino dormire (tutte cose raccontate dall’amico Vincenzo Marino nel suo libro Sei vecchio).
Tra i nomi più attesi di oggi c’era Dream, uno streamer specializzato in Minecraft che nel corso degli anni ha creato una lore complessissima attorno a sé e ai suoi colleghi. Fino a poche settimane nessuno l’aveva mai visto in faccia: Dream era un avatar, una presenza; poi la svolta, il face reveal, per il quale il ragazzo è stato sfottuto e ha perso popolarità, fino a tornare nell’anonimato. Nonostante tutto, quando dal palco principale hanno nominato il suo nome è partito un boato che di virtuale aveva ben poco.
Macchinoni e schermoni.
Perché Twitch, nonostante tutti i colori e i giochetti, is serious business. È un lavoro vero per migliaia di persone ed è il lavoro dei sogni per ancora più persone, spesso giovanissime. Si fa quindi sul serio, con panel che insegnano a diventare “podcaster a tempo pieno” e a fare il balzo dall’hobbismo al lavoro vero e proprio. Subito dopo, ecco l’evento dedicato al cyberbullismo (“con supporto legale e psicologico”), a conferma dell’istituzionalizzazione di problemi recentissimi che molte persone tendono ancora a snobbare; a seguire, un breve evento sul “trovare la propria nicchia” e “lavorare coi brand”.
Certo, il livestreaming non è più monopolio de facto della piattaforma: c’è TikTok – la cui sezione Live è un portale verso un mondo alieno – o concorrenti nuovi e diretti come Kick, che ha appena strappato a Twitch una star come xQc, oltre che il solito YouTube. Ma poco importa. Visto da qui, si ha l’impressione che il futuro della rete sia la trasmissione di sé continua e inesorabile, perfetti sconosciuti che tessono relazioni coi brand e creator part-time che coltivano nicchie di mercato sempre più astruse.
Nel “mio” mondo, intanto, da due settimane si parla di Twitter e Threads o di quanto Elon Musk voglia picchiare Mark Zuckerberg.
Ecco, magari potrebbero trasmetterlo su Twitch, il loro match, altro che Colosseo.
Un po’ di links
“Il rapporto occhio-pupilla dev’essere 7 a 1”, e altre regole stilistiche dei Simpsons, da questo video:
Quando i Walk-Man e le cuffie erano una minaccia per la società.
Riproduzioni minuscole di vecchi computer.
Un incredibile post pieno di odio nei confronti dei pellicani.
“Stocazzo” in tutte le lingue del mondo, o comunque un tot di lingue dalle rispettive versioni di Netflix che hanno provato a tradurre “stocazzo” dalla serie di Zerocalcare (da segnalare lo splendido James Acaster che doppia l’armadillo in inglese).
Infine,
Ed è tutto, a sabato prossimo, ciao!
Ciao Pietro! Bellissima questa newsletter di questa settimana :) una grande esperienza!